venerdì, luglio 31, 2009

Ci risiamo: dopo l'Agenzia delle Entrate, ecco Equitalia

Ieri al Telegiornale si parlava del servizio offerto da Equitalia per consultare, comodamente seduti da casa, la propria posizione debitoria nei confronti dell'erario.

Avere debiti con il fisco non è mai bello, ma si tratta di un ottimo servizio in linea con l'idea di "Amministrazione Digitale".

Oggi mi sono collegato a questa pagina e ho cliccato su accedi al servizio.

Quello che Firefox mi restituisce è



"Connessione sicura fallita

servizi.equitaliaspa.it utilizza un certificato di sicurezza non valido.

Il certificato non è affidabile in quanto il certificato dell'autorità emittente non è affidabile."

E come mai il certificato di sicurezza non è valido? (va da sè che l'utente medio chiude la finestra e pensa che il servizio non funzioni!)

Detto fatto... Sapete qual'è la CA che ha rilasciato il certificato? Agenzia delle Entrate, che naturalmente, non è una CA internazionalmente riconosciuta ed è questa la ragione per cui il vostro browser vi segnala che c'è qualcosa che non va.

Come dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio... per questa stessa cosa l'Agenzia delle Entrate era stata bacchettata dal Garante per la Privacy, vi ricordate?

"Per le web application è stato utilizzato un certificato Ssl di tipo self signed (non firmato da una Ca, Certification authority, ufficiale) non attendibile che, in mancanza di una Ca affidabile, non offre le garanzie di certezza dell'identità dell'erogatore del servizio tipiche della certificazione digitale tramite Pki (public key infrastructure): risultano pertanto facilitate azioni di phishing in danno di utenti del sistema e la possibile acquisizione indebita di credenziali di autenticazione, idonea a consentire utilizzi impropri dell'applicazione".

Provo a segnalarlo ad Equitalia, sperando che, almeno loro, abbiano a cuore la sicurezza dei propri utenti.

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Se l'email fosse un fax, la PEC non servirebbe

Il titolo del post è un pò provocatorio (e, in verità, l'email e il fax sono ormai quasi la stessa cosa dal punto di vista tecnico) ma trae origine da una serie di pronunce del Consiglio di Stato che evidenziano, in materia di fax, un interessante e consolidatato andamento giurisprudenziale.

La PEC se la sono inventata per una sola ed unica ragione: la ricevuta di ritorno. Una serie di bit che sostituissero la cartolina postale attestante che una data comunicazione (rectius: la busta contenente quella comunicazione) è giunta a destinazione.

Bene, era proprio necessario? Se una tecnologia, basata su protocolli universalmente accettati, risulta idonea a garantire l'effettività della comunicazione, questo non determina, quanto meno in via presuntiva, che la comunicazione effettuata usando quella tecnologia sia giunta a destinazione?

Che sia così quando si parla di fax, la giurisprudenza amministrativa pare non avere dubbi:

"Il fax rappresenta uno dei modi in cui può concretamente svolgersi la cooperazione tra i soggetti privati e la P.A., in quanto tale sistema di comunicazione viene attuato mediante l'utilizzo di un sistema basato su linee di trasmissione di dati ed apparecchiature che consentono di poter documentare sia la partenza del messaggio dall'apparato trasmittente che, attraverso il cosiddetto rapporto di trasmissione, la ricezione del medesimo in quello ricevente. Tali modalità, garantite da protocolli universalmente accettati, indubbiamente ne fanno uno strumento idoneo a garantire l'effettività della comunicazione. Il fax deve presumersi giunto al destinatario quando il rapporto di trasmissione indica che questa è avvenuta regolarmente, senza che colui che ha inviato il messaggio debba fornire alcuna ulteriore prova, spettando semmai al destinarlo l'onere di provare la mancata ricezione del fax a causa di una difetto di funzionamento dell'apparecchio" (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 19 giugno 2009 n. 4032).

"Il fax, per le sue modalità di trasmissione, assicurate da protocolli universalmente accettati, costituisce uno strumento idoneo a garantire l'effettività della comunicazione; in tal senso, infatti, si muove la normativa più recente (d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445), che consente un uso generalizzato del fax nel corso dell'istruttoria, sia per la presentazione di istanze e dichiarazioni da parte dei privati (articolo 38, comma 1), che per l'acquisizione d'ufficio da parte dell'amministrazione di certezze giuridiche (articolo 43, comma 3). Il fax deve presumersi giunto al destinatario quando il rapporto di trasmissione indica che questa è avvenuta regolarmente, senza che colui che ha inviato il messaggio debba fornire alcuna ulteriore prova, spettando semmai al destinarlo l'onere di provare la mancata ricezione del fax a causa di una difetto di funzionamento dell'apparecchio"(CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 4 giugno 2007 n. 2951) .

"Il telefax rappresenta uno dei modi in cui possono concretamente attuarsi le comunicazioni tra i privati partecipanti ad un procedimento e la P.A., in quanto tale forma di comunicazione viene attuata mediante l'utilizzo di un sistema basato su linee di trasmissione di dati ed apparecchiature che consentono di poter documentare sia la partenza del messaggio dall'apparato trasmittente che (attraverso il cosiddetto rapporto di trasmissione) la ricezione del medesimo in quello ricevente. Tali modalità, garantite da protocolli universalmente accettati, indubbiamente fanno del telefax uno strumento idoneo a garantire l'effettività della comunicazione. Poichè gli accorgimenti tecnici che caratterizzano il sistema di trasmissione dei documenti mediante telefax garantiscono, in via generale, una sufficiente certezza circa la ricezione del messaggio, ne consegue non solo l'idoneità del mezzo a far decorrere termini perentori, ma anche che un telefax deve presumersi giunto al destinatario quando il rapporto di trasmissione indica che questa è avvenuta regolarmente, senza che colui che ha inviato il messaggio debba fornire alcuna ulteriore prova. Semmai la prova contraria può solo concernere la funzionalità dell'apparecchio ricevente; ma questa non può che essere fornita da chi afferma la mancata ricezione del messaggio" (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – Sentenza 24 aprile 2002 n. 2207).

Abbiamo davvero bisogno della PEC nel dialogo del cittadino con la Pubblica Amministrazione? I LOVE FAX ;-)

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Conservazione sostitutiva: tre nuove risoluzioni dell'Agenzia delle Entrate

Nella giornata di ieri, 30 luglio 2009, l'Agenzia delle Entrate ha pubblicato tre risoluzioni (n. 194/E, n. 195/E e n. 196/E) sul tema della conservazione sostitutiva dei documenti fiscalmente rilevanti.

Questi i punti salienti:

Ris. n. 194/E: La conservazione anche su supporto informatico delle copie delle dichiarazioni trasmesse dall'istante in qualità di sostituto d'imposta è correttamente effettuata senza necessità di riprodurre la sottoscrizione del contribuente. Il processo di conservazione sostitutiva delle copie delle dichiarazioni elaborate come documento informatico si intende correttamente perfezionato nel rispetto delle modalità stabilite dal decreto ministeriale 23 gennaio 2004.

Ris. n. 195/E: L'Agenzia delle Entrate ribadisce la possibilità di convivenza piena, ai fini della conservazione, delle fatture elettroniche e di quelle analogiche: possono, pertanto, convivere presso lo stesso contribuente, il sistema di conservazione sostitutiva e quello tradizionale. E' possibile che alcune fatture ricevute come documenti analogici siano conservate con metodi tradizionali e altre, ricevute dal medesimo fornitore, siano dematerializzate e conservate in maniera sostitutiva, seguendo le regole del D.M. 23 gennaio 2004. Nella stessa risoluzione l'Agenzia fornisce risposta ad un secondo quesito relativo all'acquisizione dell'immagine dei documenti che non posseggano fin dall'inizio le caratteristiche del documento informatico fiscalmente rilevante. Si ribadisce quanto l'Agenzia ha avuto modo di affermare nella recente risoluzione 158/E del 15 giugno u.s. "...ferma restando la necessità della materializzazione su supporto fisico dei documenti rilevanti ai fini delle disposizioni tributarie, formati tramite strumenti informatici, ma non aventi, fin dall'origine, i requisiti dei documenti informatici, per la loro conservazione si potrà procedere all'acquisizione della relativa immagine tramite il processo di generazione dello spool (o rappresentazione grafica) di stampa, a condizione che l'immagine acquisita rispecchi in maniera fedele, corretta e veritiera il contenuto rappresentativo del documento".

Ris. n. 196/E: L'Agenzia chiarisce che non esiste alcun vincolo temporale per l'acquisizione dell'immagine dei documenti analogici da conservare, nè tale vincolo sussiste per il procedimento di conservazione sostitutiva dei documenti analogici rilevanti ai fini delle disposizioni tributarie, fermo restando l'obbligo per il contribuente di garantire l'ordine cronologico delle registrazioni e l'assenza di soluzioni di continuità per periodo d'imposta dei documenti conservati. Altro aspetto chiarito è che dalla conservazione sostitutiva si può tornare indietro: il contribuente può modificare la sua scelta senza dover formalizzare al fisco una richiesta di revoca, a condizione che nel periodo d'imposta il comportamento risulti omogeneo.

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giovedì, luglio 30, 2009

Dammi tre parole

Interessante questa recente sentenza della Corte di Giustizia Europea.

"1. An act occurring during a data capture process, which consists of storing an extract of a protected work comprising 11 words and printing out that extract, is such as to come within the concept of reproduction in part within the meaning of Article 2 of Directive 2001/29/EC of the European Parliament and of the Council of 22 May 2001 on the harmonisation of certain aspects of copyright and related rights in the information society, if the elements thus reproduced are the expression of the intellectual creation of their author; it is for the national court to make this determination.
2. The act of printing out an extract of 11 words, during a data capture process such as that at issue in the main proceedings, does not fulfil the condition of being transient in nature as required by Article 5(1) of Directive 2001/29 and, therefore, that process cannot be carried out without the consent of the relevant rightholders."


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martedì, luglio 28, 2009

E la PEC di Brunetta dov'è?

Appare, ormai, evidente che il Ministro Brunetta abbia eletto la Posta Elettronica Certificata a strumento principe nelle comunicazioni telematiche.

Solo così si spiega tanta enfasi normativa in materia di PEC.

Il paradosso è che, a causa di tale enfasi, neppure Brunetta riesce a star dietro alle norme approvate dal Parlamento.

Da ultimo, l'articolo 34 della Legge 69/2009 ha previsto (integrando il Codice dell'Amministrazione Digitale) che "entro il 30 giugno 2009, le amministrazioni pubbliche che già dispongono di propri siti sono tenute a pubblicare nella pagina iniziale del loro sito un indirizzo di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta ai sensi del presente codice. Le amministrazioni devono altresì assicurare un servizio che renda noti al pubblico i tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche e i servizi disponibili".

Siamo al 28 luglio e di quell'indirizzo di PEC sul sito della Funzione Pubblica non ve ne è traccia.

Attendendo che il Governo si adegui alle norme da esso stesso proposte (la legge citata origina da un disegno di legge governativo) e dia il buon esempio, viene da chiedersi se il comune cittadino sia chiamato ancora a confidare nella serietà della legge o abbia buone ragioni per ritenere che sia da "fessi" mettersi in regola, visto che le regole cambiano ogni 15 giorni e, male che vada, c'è sempre una proroga o un condono.

P.s.: Devo ringraziare l'amico Massimo Penco per avermi ricordato (lui ingegnere a me giurista!) questa ennesima inutile scadenza imposta alle Pubbliche Amministrazioni e destinata a rimanere lettera morta.

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domenica, luglio 26, 2009

Tynt Tracer: vuoi sapere chi ti sta citando?

E' ancora in Beta, ma è un tool carino questo Tynt Tracer.

Come si legge sul sito: "Tracer tracks when users copy content from your web site and automatically adds a link back to the original page when your content is pasted. So, why do you need Tracer?Read more: http://tracer.tynt.com/features-and-benefits-of-tracer#ixzz0MNjxr1TY Under Creative Commons License: Attribution No Derivatives"

Come potete vedere tracer fa due cose: informa quanto un contenuto viene copiato e aggiunge un link (con annessa eventuale licenza abbinata a quel contenuto) che rimanda alla pagina originaria quanto esso viene "incollato" altrove.

Tracer è un ottimo modo, ad esempio, per automatizzare l'attribuzione di paternità e la corretta indicazione della licenza associata ad un determinato contenuto.

Let's test it!

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venerdì, luglio 24, 2009

Allora è vero che il diritto d'autore è un tassa

Il c.d. decreto anticrisi/manovra d'estate (D.L. 78/2009) prosegue il suo iter di conversione.

Il Governo ha presentato il suo maxiemendamento su cui ha posto la fiducia.

Spulciando tra le novità in via di introduzione si scopre che c'è anche una disposizione concernente la SIAE anche se, stranamente, con il diritto d'autore non ha nulla a che fare.

Si tratta dell'articolo 15, comma 8-quaterdecies, lett. f) che così recita: "8-quaterdecies. All'articolo 39-quater del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: (omissis) f) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: «4-bis. L'Amministrazione autono­ma dei monopoli di Stato può affidare, per il tempo e alle condizioni di cui ad apposita convenzione da approvare con proprio decreto, l'accertamento e i controlli in materia di prelievo erariale unico alla Società italiana degli autori ed editori. Nello svolgimento delle attività di accertamento e di controllo, affidate con la convenzione di cui al periodo precedente, la Società italiana degli autori ed editori si avvale delle attribuzioni e dei poteri di cui al comma 1»."

Come dire... sempre di tasse si tratta :-)




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venerdì, luglio 17, 2009

Copiatalia.it - Updated (la collaborazione di massa)

E' stato da poco rilanciato il portale governativo www.italia.it

Nella fretta, però, deve essergli sfuggito qualcosa...

Ad esempio la Basilicata viene confusa con la Campania (UPDATED: dopo le varie segnalazioni l'errore è stato corretto!) e nella sezione "Legal Information" si trova questa chicca (UPDATED: viene indicato che il sito è stato realizzato in collaborazione con l'ACI e che il sito è ospitato sui server dell'ACI)

"Limitation of responsibility

ACI - Automobile Club d'Italia declines any responsibility for any damage, being direct, incidental, consequential or indirect, as well as for any data loss or damage, loss of profits, start up, business or opportunities, resulting from the website access, or from its use, or impossibility of use of the website or of its relative published contents and moreover, of the access to websites by the use of hyperlinks, or by the relative use or impossibility of use of such hyperlinks or of the contents published there.

ACI - Automobile Club d'Italia commits, in any case, to remove with the maximum promptness allowed, following proper reports, the contents considered offending under its own unchallengeable judgement or, anyway, declared offensive by the judiciary authority".

Insomma, ha proprio ragione Michele Ficarra Manganelli, la blogosfera sta fungendo da beta-tester del sito, fornendo suggerimenti su come migliorarlo e segnalando gli inevitabili errorri.

Consulenti a costo zero.


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Caro Presidente, solo ora se ne accorge?

Riporto qui di seguito alcuni passi della lettera del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della promulgazione della legge sulla sicurezza, indirizzata al Presidente Berlusconi e ai Ministri Alfano e Maroni (e per conoscenza ai Presidenti di Camera e Senato).

Al di là del merito della questione, ci sono delle osservazioni significative sul modo di legiferare, sulla non-conoscibilità della legge quando i provvedimenti si susseguono in modo caotico che, chiunque si occupi di diritto delle nuove tecnologie, non può che condividere.

Quanto si è fatto e si sta facendo tuttora con il Codice dell'Amministrazione Digitale e con la PEC (ma anche la recente vicenda sul presunto obbligo di rettifica per i siti informatici) rappresenta la perfetta esemplificazione dei concetti espressi da Napolitano.

Buona lettura.

"In altre occasioni, ho rilevato pubblicamente (rivolgendomi alle "alte cariche dello Stato", a partire dal dicembre 2006), come provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione e di vera e propria congestione sfuggano alla comprensione della opinione pubblica e rendano sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge. Ritengo doveroso ribadire oggi che è indispensabile porre termine a simili "prassi", specie quando si legifera su temi che – come accade per diverse norme di questo provvedimento – riguardano diritti costituzionalmente garantiti e coinvolgono aspetti qualificanti della convivenza civile e della coesione sociale. E' in giuoco la qualità e sostenibilità del nostro modo di legiferare.

...In proposito, mi limito ad aggiungere che solo in casi eccezionali può tornarsi a legiferare sull'identico tema dopo brevissimo tempo...

...La formulazione, la struttura e i contenuti delle norme debbono poter essere "riconosciuti" (Corte costituzionale n. 364 del 1988 ) sia da chi ne è il destinatario sia da chi deve darvi applicazione. Il nostro ordinamento giuridico risulta seriamente incrinato da norme oscuramente formulate, contraddittorie, di dubbia interpretazione o non rispondenti ai criteri di stabilità e certezza della legislazione : anche per le difficoltà e le controversie che ne nascono in sede di applicazione".

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mercoledì, luglio 15, 2009

Sempre sul dovere di rettifica per i siti informatici (Ddl intercettazioni)

Su IusSeek viene riportato uno stralcio tratto dalle schede di lettura del Ddl intercettazioni, predisposte dall'ufficio studi del Senato.

Interessante la parte relativa alla questione del dovere di rettifica per i siti informatici, laddove si indica quanto affermato dalla IX Commissione della Camera dei Deputati, già in data 18 febbraio 2009:

"La IX Commissione della Camera dei deputati, considerato che la disposizione in esame estende ai siti informatici le procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti, "osservato che tale previsione, in quanto riferita ad un termine generico come "siti informatici", sembra porre l'obbligo di rettifica a carico, piuttosto che degli autori dei contenuti diffamatori, dei gestori di piattaforme che ospitano contenuti realizzati da terzi, che, in considerazione del volume dei contenuti ospitati dalla piattaforma, non sarebbero in grado di far fronte a tale obbligo", ha espresso parere favorevole a condizione che il riferimento ai "siti informatici" sia sostituito da "giornali e periodici diffusi per via telematica e soggetti all'obbligo di registrazione di cui all'articolo 5"

Dunque delle due l'una: o ci troviamo di fronte ai censori più scemi del mondo o, con maggiore probabilità, a un piccolo equivoco, sanabile in via interpretativa.

domenica, luglio 12, 2009

Ora basta!

''L'indiscriminato saccheggio che le opere dell'ingegno subiscono attraverso Internet sta progressivamente uccidendo lo stimolo degli autori a creare nuove composizioni", questa la dichiarazione rilasciata dal Presidente della SIAE, Giorgio Assumma, lo scorso 10 luglio, a Spoleto, in occasione della serata di premiazione del concorso "Il Copyright è un diritto".

Ha aggiunto Assumma: "Tutto il mondo della cultura deve unirsi alla Siae per fiancheggiarla nelle iniziative che, prima in Europa, sta intraprendendo per trovare una soluzione legale al grave problema".

Queste dichiarazioni, prive del benchè minimo fondamento (la creatività sta morendo? Dove sono i dati? Su che basi si afferma una cosa del genere?), devono indurre a riflettere chi ama Internet e produce contenuti e portarlo a scegliere da che parte stare.

Se Assumma chiede di unirsi alla SIAE, chi ama la Rete faccia un gesto concreto e si allontani da SIAE e dalle sue logiche.

Se mai qualcuno ha pensato al dialogo, ora riveda la sua posizione: da moderati a collaborazionisti il passo è breve.

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giovedì, luglio 09, 2009

Mentre si parla dell'obbligo di rettifica (presunto), nubi nere all'orizzionte per i siti delle Associazioni (e non solo)

Salvo sorprese, dovrebbe essere approvato oggi in via definitiva al Senato il Ddl 1441 ter-b, il cui articolo 15, comma 7, lett. c) introduce nel D.lgs 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica) l'articolo 25-novies, rubricato "Delitti in materia di violazione del diritto d'autore" che così recita:

"Art. 25-novies. - (Delitti in materia di violazione del diritto d'autore). – 1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 171, primo comma, lettera a-bis), e terzo comma, 171-bis, 171-ter, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.
2. Nel caso di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 174-quinquies della citata legge n. 633 del 1941".

Come scrive ieri Davide Sangiorgio su "Il Sole 24 Ore" sarà interessante verificare "i tentativi di applicazione delle sanzioni a carico degli enti, pur privi di personalità giuridica, cui vada riferita la titolarità di siti Internet che pongano a disposizione degli utenti opere audiovisive illecitamente duplicate"

Sempre Sangiorgio ricorda che "le sanzioni che colpiscono l'ente, emesse dal giudice penale nell'ambito del procedimento a carico dei suoi amministratori o dipendenti, possono essere si di natura economica (sanzione pecuniaria fino a oltre 750mila euro) sia interdittive (ad esempio la sospensione dell'autorizzazione o il divieto di pubblicizzare beni o servizi) fino ad un anno".

L'elemento di maggiore perplessità è che la responsabilità amminsitrativa dell'ente, ricorrendone i presupposti, sussisterà anche rispetto ad un'ipotesi di reato, quale quella dell'articolo 171, comma 1, lett. a-bis), assolutamente minore (tant'è che è punita con la multa fino ad euro 2.065 e sussiste la possibilità di accedere ad una speciale forma di oblazione) e, rispetto alla quale, la sanzione posta a carico dell'ente si configura come del tutto spoporzionata.

Insomma da domani ogni Associazione controlli bene cosa il Presidente carica sul sito... un omaggio alla scomparsa di Micheal Jackson può costare parecchio caro.

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mercoledì, luglio 08, 2009

Urlare per non parlare (ovvero, gli opposti estremismi)

Ieri Il Giornale ha pubblicato questo articolo di Facci.

Premesso che reputo Facci un buon giornalista, con uno stile tagliente e politicamente scorretto, mi pare che l'articolo pecchi dello stesso estremismo, sia pur di segno opposto, di cui Facci accusa i blogger (forse dovrei dire "noi" blogger, ma rispetto alla protesta in questione io ho posizioni decisamente minoritarie o, per dirla come Daniele Minotti, "Io penso differente").

Il riferimento è alla giornata di protesta proclamata per il prossimo 14 luglio, contro quella disposizione del disegno di legge sulle intercettazioni che imporrebbe (ci sono più che valide ragioni per ritenere che non sia così) il dovere di rettifica indiscriminatamente a tutti i "siti informatici".

Facci lancia il suo "chi se ne frega dei blogger". Ma si, in fondo, chi se ne frega, se non fosse che l'origine di quella protesta è (e resta) sacrosanta: quella norma è scritta male, con un linguaggio approssimativo e che, dunque, presta il fianco ad interpretazioni fuorivianti.

Tuttavia, l'articolo di Facci è sintomatico di come avere delle buone ragioni (e per questo sentirsi legittimati a gridare a piè sospinto il tramonto della libertà di espressione in Rete) finisca per produrre risultati paradossali.

La protesta, nata per chiedere una revisione chiarificatrice di quella disposizione, ha finito per produrre il risultato opposto, ovverosia accreditare proprio quell'interpretazione che si cercava di evitare.

Tant'è che tutto l'articolo di Facci si basa sul presupposto la norma in questione trovi applicazioni indiscriminatamente per tutti i siti informatici e non solo per quelli di testate giornalistiche registrate!

E dove si sarà formato questo convincimento il buon Facci? ;-)

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lunedì, luglio 06, 2009

PEC: il quadro è completo, con buona pace della concorrenza e del mercato

E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 152 del 3 luglio 2009) il D.P.C.M. 6 maggio 2009 recante "Individuazione delle regole tecniche per le modalità di presentazione della comunicazione unica e per l'immediato trasferimento dei dati tra le Amministrazioni interessate, in attuazione dell'articolo 9, comma 7, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7".

Un provvedimento atteso da un paio d'anni e che, almeno nelle intenzioni, tende a semplificare fortemente la vita a chi intende fare impresa.

Tuttavia, il provvedimento risulta d'interesse anche per altro e diverso aspetto.

L'articolo 8, rubricato "Indirizzo elettronico dell'impresa", chiarisce definitvamente che quello della Posta Elettronica Certificata non sarà un libero mercato concorrenziale ma un duopolio i cui soggetti è facile immaginare.

La disposizione, in questione, così recita:

"1. Nel modello di Comunicazione unica, è indicata la casella PEC corrispondente alla casella dell'impresa, ai fini dell'invio degli esiti delle domande e delle iscrizioni e di ogni altra comunicazione o provvedimento relativo al procedimento. Qualora l'impresa non disponga di una casella PEC lo dichiara nella comunicazione unica, indicando le modalità per la ricezione della comunicazione circa l'assegnazione di una casella ai sensi del comma 2.

2. Nel caso l'impresa non sia provvista di casella PEC, le camere di commercio provvedono immediatamente ad assegnare una casella PEC ai fini del procedimento senza costi per l'impresa, ai sensi dell'art. 9, comma 6, del decreto-legge n. 7 del 2007. Le istruzioni operative sono pubblicate in opportuna sezione del sito, dandone comunicazione ai sensi del comma 1.

3. La casella dell'impresa è iscritta al registro delle imprese ai sensi dell'art. 4, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 68 del 2005."

Ecco, dunque, emergere il primo soggetto... del resto chi è che si attiva una casella di PEC se le camere di commercio sono tenute ad assegnargliela senza costi? E secondo voi quale sarà il gestore PEC in questione? Voglio azzardare una previsione: Infocert, società costituita nel 2007 da Infocamere, società consortile per Azioni delle Camere di Commercio.

Dunque, le imprese avranno (rectius: dovranno avere!) la loro bella casella di Posta Elettronica Certificata. E l'alternativa alla PEC? Quella introdotta dalla legge 2/2009 e di cui le imprese avrebbero diritto di dotarsi e che, dunque, potrebbero usare nel loro dialogo con le camere di commercio? Non ve n'è traccia.

Per il cittadino, invece, ci sarà la PEC di Stato il cui gestore sarà scelto mediante gara pubblica. Anche qui azzardo una previsione: Postecom, società controllata dal gruppo Poste Italiane.

E l'alternativa? Un miraggio di inizio anno... vi sembrava di averla vista, in realtà non c'è mai stata.

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giovedì, luglio 02, 2009

Il file-sharer aziendalista

L'articolo 171, comma 1, lett. a-bis L.d.A. punisce con la multa da euro 51 a euro 2.065 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma: "a-bis) mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa"

Il D.Lgs 231/2001 disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle societaà e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica. In particolare, ex art. 5, "1. L'ente e' responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unita' organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonche' da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi".

Le due norme sopra citate sembrano destinate ad incontrarsi per effetto di una disposizione in via di approvazione definitiva (manca solo l'ultimo passaggio al Sentato, in quarta lettura): il disegno di legge 1441-ter-B prevede, infatti, l'inserimento nel D.lgs 231/2001 di un articolo 25-nonies che dovrebbe recitare: "Art. 25-novies. - (Delitti in materia di violazione del diritto d'autore). - 1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 171, primo comma, lettera a-bis), e terzo comma, 171-bis, 171-ter, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote. 2. Nel caso di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 174-quinquies della citata legge n. 633 del 1941".

Ecco, dunque, emergere la figura mitologica del file-sharer aziendalista, un uomo che condivide nell'interesse o a vantaggio della sua azienda. Egli non scambia materiale protetto per soddisfare i suoi biechi bisogni, egli si immola in nome dell'azienda.

Un vero eroe moderno.


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Produciamo norme... così il mondo diventerà migliore.

Il primo luglio u.s. è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il c.d. Decreto Anticrisi (DECRETO-LEGGE 1 luglio 2009, n. 78 - Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali).

Anche in questo caso il Legislatore non ha resistito alla tentazione di dare qualche altro aggiustamento al Codice dell'Amministrazione Digitale, creando come al solito più confusione che altro.

L'articolo 17, comma 29 dispone, infatti:

Dopo l'articolo 57 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è inserito il seguente:

«Art. 57-bis (Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni). - 1. Al fine di assicurare la trasparenza delle attività istituzionali è istituito l'indice degli indirizzi delle amministrazioni pubbliche, nel quale sono indicati la struttura organizzativa, l'elenco dei servizi offerti e le informazioni relative al loro utilizzo, gli indirizzi di posta elettronica da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l'invio di documenti a tutti gli effetti di legge fra le amministrazioni e fra le amministrazioni ed i cittadini.
2. Per la realizzazione e la gestione dell'indice si applicano le regole tecniche di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 ottobre 2000, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 272 del 21 novembre 2000. La realizzazione e la gestione dell'indice è affidato al Centro Nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA).
3. Le amministrazioni aggiornano gli indirizzi ed i contenuti dell'indice con cadenza almeno semestrale, salvo diversa indicazione del CNIPA. La mancata comunicazione degli elementi necessari al completamento dell'indice e del loro aggiornamento è valutata ai fini della responsabilità dirigenziale e dell'attribuzione della retribuzione di risultato ai dirigenti responsabili.».

Serviva questa norma? Assolutmente no, se non altro perchè quell'indice esiste già da anni ed è disponibile a questo indirizzo http://indicepa.gov.it/. Se poi sia anche completo è un'altro paio di maniche, ma di certo non serviva una norma di legge.

Altro giro, altra corsa.

Sempre l'articolo 17, in questo caso al comma 28 dispone:

28. All'articolo 65, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell'amministrazione digitale, dopo la lettera c) è inserita la seguente:

«c-bis) ovvero quando l'autore è identificato dal sistema informatico attraverso le credenziali di accesso relative all'utenza personale di posta elettronica certificata di cui all'articolo 16-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.».

L'articolo 65 in questione è quello che detta i requisiti di validità delle istanze e delle dichiarazioni presentate alle amministrazioni per via telematica.

Delle due l'una: o la norma è scritta male o dice un'enormità. Se le credenziali in questione sono quelle che mi consentono di accedere alla mia casella di posta elettronica certificata (nel caso di specie, dovrebbe trattarsi di quella che mi è stata "regalata" dallo Stato), allora non si capisce come le stesse possano da me essere utilizzate per accedere ai servizi online dell'Amministrazione. Sarebbe come obbligarmi ad usare username e password della mia email per loggarmi da un'altra parte.

Avanti tutta... in ordine sparso.


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