mercoledì, settembre 29, 2010

La PEC: (quasi) un anno dopo

Oggi sono intervenuto in un evento formativo organizzato dalla Commissione di Informatica Giuridica (di cui faccio parte) del Consiglio dell'Ordine di Roma.

Visto che ho aggiornato in alcuni punti la presentazione sulla PEC, come di consueto la pubblico qui sul blog.




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martedì, settembre 28, 2010

Consiglio di Stato: la vendita dei diritti non concorre alla determinazione del canone concessorio

Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza n. 7130/2010 del 23 settembre u.s, ha stabilito (riformando la sentenza di primo grado) che il fatturato rilevante ai fini della determinazione dell'ammontare del canone concessorio dovuto dalle emittenti radiotelevisive è soltanto quello soltanto riferibile direttamente all'esercizio dell'attività radiotelevisiva.

"Non si può fare a meno di rilevare", osserva il Consiglio di Stato, "che l'intento legislativo, come già desumibile dal dato letterale, è stato di ancorare la determinazione del canone al fatturato che il titolare della concessione realizza in virtù dell'esercizio del titolo abilitativo pubblicistico (di guisa che il canone per le concessioni radiotelevisive private si configura come strumentalmente e funzionalmente collegato con l'esercizio dell'attività radiotelevisiva)".

Seguendo questo ragionamento, allora, "non potrebbero aggregarsi alle prestazioni capaci di generare il fatturato utile alla determinazione del canone concessorio i ricavi conseguenti ad attività diverse, esercitabili anche da soggetti privi di concessione, come i ricavi originati da servizi resi su frequenze satellitari o la vendita di diritti relativi a programmi o pacchetti di immagini che il concessionario detiene non in ragione della concessione e che cede a soggetti per la loro diffusione sulla piattaforma satellitare. Del pari estranei alla categoria del fatturato rilevante ai fini che qui interessano devono ritenersi i ricavi relativi ad attività di doppiaggio o quelli che riguardano la vendita di cassette VHS, in cui è evidente la mancanza di collegamento strumentale con la concessione televisiva".

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sabato, settembre 25, 2010

Cassazione su licenziamento, prova informatica ed onere probatorio

Via rischioblog apprendo di questa sentenza della Cassazione in materia icenziamento conseguente alla presunta cancellazione di dati aziendali da parte di un dipendente.

La Cassazione, nel respingere il ricorso di parte datoriale, conferma (in termini di omessa censura) quanto sentenziato nei due precedenti gradi di giudizio.

Due sono i punti, a mio avviso, particolarmente significativi (anche perchè evidenziano quanto siano decisive le modalità di acquisizione della prova informatica in simili circostanze):

  1. Nel corso del giudizio di merito non è stato dimostrato che il lavoratore avesse l’uso esclusivo del suo personal computer, essendo anzi emerso il contrario, vale a dire che chiunque avrebbe potuto usarlo;
  2. non c'è stato modo di sapere se vi fossero stati conservati dei files prima dell’episodio contestato né, eventualmente, quali.
Ora è evidente che, tanto sub 1) che sub 2) , una più accorta gestione delle politiche di sicurezza all'interno dell'azienda e una maggiore attenzione nell'acquisizione delle prove relative ai fatti oggetto di contestazione avrebbero potuto cambiare radicalmente lo scenario del giudizio di merito e, presumibilmente, anche quello di legittimità.

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Tribunale di Bari: diritto d'autore e testata giornalistica (ma anche marchi e nomi a dominio)

Segnalo questa ordinanza del Tribunale di Bari.

Poichè il ricorrente lamentava, tra le altre cose, il ricorrente lamentava la violazione dell'articolo 100 l.d.a. ("Il titolo dell'opera, quando individui l'opera stessa, non può essere riprodotto sopra altra opera senza il consenso dell'autore. Il divieto non si estende ad opere che siano di specie o carattere così diverso da risultare esclusa ogni possibilità di confusione. E' vietata egualmente, nelle stesse condizioni, la riproduzione delle rubriche che siano adoperate nella pubblicazione periodica in modo cosi costante da individuare l'abituale e caratteristico contenuto della rubrica. Il titolo del giornale, delle riviste o di altre pubblicazioni periodiche non può essere riprodotto in altre opere della stessa specie o carattere, se non siano decorsi due anni da quando è cessata la pubblicazione del giornale.") è interessante riportare quanto disposto dal giudice nel respingere il ricorso:

"Occorre chiarire che per orientamento costante della Cassazione (cfr. Cass. 29774/2008), il titolo (c.d. testata) del giornale, delle riviste o di altre pubblicazioni periodiche non costituisce in sè e per sè opera dell'ingegno, non avendo una funzione creativa, ma esclusivamente una funzione distintiva: esso, pertanto, non è protetto come bene autonomo ma riceve una tutela esaustiva da parte dell'articolo 100 della medesima legge, nella misura in cui individua una pubblicazione, della quale rappresenta il segno distintivo. Proprio in ragione della natura distintiva della testata, non può, pertanto, che farsi riferimento ai criteri stabiliti in tema di segni distintivi dell'impresa e dei suoi prodotti".

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mercoledì, settembre 22, 2010

Non lasciamo che vinca la pigrizia delle cancellerie

Da qualche giorno è entrato in vigore il nuovo Codice del Processo Amministrativo, il cui articolo 136 così dispone:

Art. 136
Disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici

1. I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito di fax dove intendono ricevervi le comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. E' onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione dei suddetti dati.
2. I difensori costituiti forniscono copia in via informatica di tutti gli atti di parte depositati e, ove possibile, dei documenti prodotti e di ogni altro atto di causa. Il difensore attesta la conformità tra il contenuto del documento in formato elettronico e quello cartaceo. Il deposito del materiale informatico, ove non sia effettuato unitamente a quello cartaceo, è eseguito su richiesta della segreteria e nel termine da questa assegnato, esclusa ogni decadenza. In casi eccezionali il presidente puo' dispensare dall'osservanza di quanto previsto dal presente comma.

Cominciano ad arrivare notizie in merito ad una discutibile interpretazione del comma 2, operata dalle cancellerie tenute a ricevere la copia informatica degli atti, secondo la quale il predetto deposito dovrebbe essere effettuato di persona e su CD-rom, non potendosi procedere alla spedizione telematica tramite PEC.

Si tratta a mio avviso di un'interpretazione arbitraria che va combattuta da subito per evitare che il digitale aggiunga burocrazia invece di eliminarla.

Proprio perchè il comma 1 obbliga i difensori all'indicazione del proprio indirizzo di PEC, allora non si può pensare che la PEC funzioni solo in fase di "ricezione" e non anche di "invio".Nulla, peraltro, nel testo di legge lascia intendere che il deposito non possa essere effettuato in modalità telematica.

La dichiarazione di conformità, infatti può essere resa su separato documento informatico firmato digitalmente il quale sarà inserito all'interno di un file .zip unitamente agli atti causa. Il difensore apporrà nuovamente la sua firma digitale su tale ultimo file. A questo punto procederà alla spedizione attraverso la casella di PEC dichiarata nell'atto, ottenendo la ricevuta del deposito.

Il file così formato consentirà a chiunque di verificare che non ci sia stata alterazione o sostituzione dei documenti inviati.

Si può fare, basta solo un pò di buona volontà.





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domenica, settembre 19, 2010

Altalex sito pericoloso? Secondo Google si (UPDATED)




Questa mattina cercando su Google Altalex, uno dei principali siti italiani di informazione giuridica, mi sono visto (vedi screenshot sopra) mettere in guardia sul fatto che si potesse trattare di un sito potenzialmente pericolo per il mio computer e quindi, se avessi deciso di accedervi, sarebbe stato a mio rischio e pericolo.


Incuriosito, ho cliccato sul link di avvertimento per capire meglio come fosse possibile che un sito storico ed autorevole quale Altalex fosse finito in una qualche black list e ho trovato questo: "Desideriamo che i nostri utenti si sentano al sicuro quando eseguono ricerche nel Web: per questo motivo lavoriamo continuamente per identificare i siti pericolosi e aumentare la protezione per i nostri utenti. Questo messaggio di avviso viene visualizzato con i risultati di ricerca che abbiamo identificato come siti web che possono installare software dannoso sul tuo computer"


Ancora non ho capito se Altalex sia stato infettato o sia un falso positivo. Sarei però curioso di scoprirlo.


Updated: alle 17:30 qualcosa è cambiato




Altalex non è più indicato come sito malevolo, mentre i siti satellite "Massimario", "Altalexmese" ecc. ancora si.
A questo punto mi pare evidente si sia trattato di un errore che sarà definitivamente risolto nelle prossime ore.

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Sulla PEC dei professionisti finalmente Brunetta ha risposto!

Alla fine di gennaio, a seguito di uno scambio di considerazioni avuto con l'On. Cassinelli, quest'ultimo aveva presentato due interrogazioni parlamentari, una delle quali in materia di PEC.

L'interrogazione era tesa ad ottenere un chiarimento da parte del Ministro Brunetta onde acclarare se il regime particolare di cui sono destinatari i soggetti iscritti negli albi professionali valga esclusivamente nello stretto ambito professionale oppure anche in situazioni estranee alla loro attività professionale.

Finalmente è arrivata la risposta e il contenuto mi sembra avallare il ragionamento posto alla base dell'interrogazione: l'automatismo previsto dalla legge in forza del quale per la casella di PEC dichiarata al proprio ordine non occorre consenso per la ricezione di comunicazioni con effetto legale che siano inviate all'avvocato da imprese e PA opera limitatamente all'attività professionale e non si estende all'avvocato che, tolta la toga, diventa comune cittadino.

Riporto di seguito il testo della risposta:

"Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede chiarimenti in merito alla disposizione di cui all'articolo 16, comma 9, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, come convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, volta a prevedere che le comunicazioni tra le pubbliche amministrazioni ed i soggetti iscritti negli albi professionali possano avvenire per mezzo della posta elettronica certificata (Pec) senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l'utilizzo.
Tale disposizione, asserisce l'interrogante, non chiarisce «se il regime particolare di cui sono destinatari i soggetti iscritti negli albi professionali valga esclusivamente nello stretto ambito professionale oppure anche in situazioni estranee alle loro attività professionali».
Com'è noto, la posta elettronica certificata espleta la medesima efficacia giuridica riconosciuta dall'ordinamento alla trasmissione per posta raccomandata tradizionale con avviso di ricevimento, alla quale si aggiunge, unitamente alla sottoscrizione digitale, l'ulteriore certificazione del contenuto del messaggio inoltrato, con evidenti benefici anche in termini di accertamento e valorizzazione delle attività compiute nell'adempimento del mandato professionale.
Ciò rappresenta, quindi, un passo avanti significativo nel processo di digitalizzazione delle attività volto a migliorare il rapporto informatico-telematico fra cittadini, professionisti, imprese e pubblica amministrazione, nonché l'ottimizzazione dei tempi, la semplificazione delle procedure e la riduzione dei costi amministrativi a carico dei soggetti che operano nel mercato.
È da chiarire comunque, in via preliminare, che l'articolo 16 del citato decreto-legge, ha reso obbligatorio il possesso della posta elettronica certificata solamente per le società, i professionisti e le amministrazioni pubbliche.
Per quanto riguarda in particolare i professionisti, il comma 7 del medesimo articolo dispone che gli stessi si dotino di un indirizzo di posta elettronica certificata da comunicare ai rispettivi ordini o collegi. Questi ultimi avranno il compito, dal canto loro, di costituire e pubblicare un elenco riservato, contenente i dati identificativi degli iscritti ed il relativo indirizzo di posta elettronica, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni.
Tale previsione è finalizzata a semplificare i rapporti fra i professionisti e la pubblica amministrazione riducendo, nel contempo, i tempi ed i costi delle comunicazioni fra i medesimi. In tal modo la posta elettronica certificata (Pec) è destinata a divenire il mezzo di comunicazione privilegiato, ed in definitiva l'unico, con le pubbliche amministrazioni.
È di tutta evidenza, peraltro, che la trasmissione telematica di documenti costituisca di per sé strumento idoneo ad agevolare l'attività del professionista consentendo allo stesso di porsi sul mercato in modo più competitivo.
In conclusione, l'obbligo posto a carico dei professionisti dall'articolo 16 è finalizzato ad ottimizzare le comunicazioni fra la pubblica amministrazione ed i soggetti che operano sul mercato in qualità di esercenti una libera professione. I medesimi professionisti, in veste di cittadini, potranno dotarsi di una casella di posta certificata (Cec-Pac) per i rapporti con la pubblica amministrazione che non attengano alla loro formazione professionale.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta".






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giovedì, settembre 16, 2010

Il blog non è stampa (e, dunque, può essere sequestrato)

La buona notizia è che, pian piano, si rafforza l'orientamento giurisprudenziale per cui un Blog non può essere equiparato alla stampa. La cattiva notizia è che, in virtù della mancata equiparazione (e dei minori vincoli), non trovano applicazione nei confronti dello stesso i limiti in materia di sequestro previsti per la carta stampata.

Il Tribunale di Milano, XI sez. penale, con ordinanza del 21 giugno 2010 (stando a quanto riporta oggi il Sole 24 ore a pag. 39) ha ritenuto che "all'articolo oggetto del sequestro impugnato potrebbero essere estese le garanzie costituzionali previste in materia di sequestro della stampa, invocate dalla difesa, soltanto qualora l'indagato avesse adempiuto alle prescrizioni sopra ricordate in materia di indicazione di direttore responsabile (senza che ovviamente possa valere quale equipollente la dicitura "sito a cura di .... responsabile", che si rinviene nel blog, la quale non è soggetta ad alcuna verifica e potrebbe essere disconosciuta in qualsiasi momento dall'interessato) e di registrazione".

La pronuncia, inoltre, sempre a quanto si legge nell'articolo, ha ritenuto che l'equiparazione operata dalla legge 62/2001, con relativo obbligo di registrazione, trovi applicazione solo nel caso in cui l'editore intenda avvalersi delle sovvenzioni previste per il settore e disciplinare dalla medesima legge.

Nessun obbligo di registrazione, dunque, per i blog. Solo una facoltà.

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domenica, settembre 12, 2010

La dura vita del software usato

E' da leggere con grande attenzione la sentenza con cui una Corte d'Appello statunintense ha ribaltato il verdetto di primo grado nel caso Vernor c. Autodesk in materia di vendita di software usato.

Secondo la Corte: "Autodesk distributes Release 14 pursuant to a limited license agreement in which it reserves title to the software copies and imposes significant use and transfer restrictions on its customers. We determine that Autodesk’s direct customers are licensees of their copies of the software rather than owners, which has two ramifications. Because Vernor did not purchase the Release 14 copies from an owner, he may not invoke the first sale doctrine, and he also may not assert an essential step defense on behalf of his customers".

La vicenda riguardava vendite successive alla prima di una particolare versione di AutoCAD, rispetto alle quali Vernor invocava l'esaurimento del diritto di distribuzione in capo ad Autodesk e, dunque, il suo diritto di rivendere a terzi il prodotto tramite Ebay.

E' una sentenza da leggere con attenzione, dicevo, perchè opera una ricostruzione puntuale della c.d. first sale doctrine (l'equivalente del nostro principio di esaurimento del diritto di distribuzione) e della giurisprudenza correlata, e delinea scenari in cui i titolari dei diritti, con piccoli accorgimenti, potrebbero di fatto rendere noi tutti licenziatari e non proprietari del prodotto fisico acquistato, con la conseguenza di azzerare il mercato dell'usato o ogni distribuzione parallela.

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giovedì, settembre 09, 2010

Logistep: ancora tu?

Qualcuno di sicuro ricorderà il caso Peppermint, la casa discografica che si era avvalsa di una società, la Logistep, per pedinare virtualmente centinaia di frequentatori delle reti p2p dediti allo scambio di materiale protetto dal diritto d'autore.

In Italia e in Svizzera una simile pratica era stata dichiarata illegittima dai rispettivi Garanti Privacy, nonchè da diversi tribunali.

Logistep, tuttavia, ha continuato nella sua "attività" e ieri è giunta una sentenza del Tribunale federale di Losanna secondo la quale gli indirizzi IP sono indubbiamente dati personali e sottostanno quindi alla legge ffederale sulla protezione dei dati.

L'equivalente della nostra Corte di Cassazione ha definito "illecita la pratica di alcune imprese private che acquisiscono segretamente indirizzi IP. Un siffatto modo di agire è privo di una valida giustificazione. La ditta Logistep SA non è più autorizzata a raccogliere e a comunicare dati, ossia deve sospendere immediatamente ogni elaborazione di dati nell'ambito dei diritti d'autore".

Non tutto è lecito nella lotta alla c.d. pirateria. Dovrebbe essere ormai chiaro.

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mercoledì, settembre 08, 2010

Stalking via Facebook: la (non) sentenza della Cassazione

Altalex ha pubblicato ieri il testo della Sentenza della Cassazione che, per usare il gergo della Rete, è stata taggata con "stalking" e "facebook".

La sentenza in realtà parla di altro, Facebook è un dettaglio, la condotta contestata ci sarebbe stata a prescindere.

Tuttavia Facebook è il mostro preferito degli ultimi tempi: mangia privacy a tradimento, luogo di adescamento, perversioni e cretinerie varie e chi più ne ha più ne metta.

Vi consiglio la lettura di questo bellissimo post di Francesco Paolo Micozzi (uno degli avvocati che difendono gli amministratori di The Pirate Bay in Italia): si impara qualcosa e magari, la prossima volta, si corre meno dietro ai titoli.

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Sempre a proposito di videogame: Gaming

Mozilla Labs ha presentato ieri la sua ultima iniziativa denominata "Gaming". Si tratta di una piattaforma aperta per lo sviluppo di videogame online.

"Gaming is all about games built, delivered and played on the Open Web and the browser. We want to explore the wider set of technologies which make immersive gaming on the Open Web possible. We invite the wider community to play with cool, new tech and aim to help establish the Open Web as the platform for gaming across all your Internet connected devices".

Da seguire

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martedì, settembre 07, 2010

Let's hack! Come riciclare un videogioco e diventare un pirata

Mi è capitato spesso di parlare, a lezione o durante i convegni, dell'enorme potenziale creativo liberato dalle nuove tecnologie e di come questo, nella maggior parte dei casi, si riveli confliggente con la normativa in materia di proprietà intellettuale. La conseguenza è che comportamenti, assolutamente inoffensivi, diventato illegali e chi li compie è tacciato di pirateria.

Su slashdot ho letto questo (e l'ho trovato entusiasmante):

"I bought a bunch of old Wing Commander games for Windows, but they use DirectDraw, which Microsoft has deprecated. They don't work too well under Windows 7, so I ended up reimplementing ddraw.dll using OpenGL to output the games' graphics. I wrote an article describing the process and all the fun workarounds I had to come up with, and released all related source code for others to hack on."

E' giusto che questo sia illegale? O è soltanto il frutto avvelenato di una legislazione proveniente da un'altra era e che non è mai stata adeguatamente ripensata per le nuove tecnologie?

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lunedì, settembre 06, 2010

La trasparenza e i suoi inconvenienti

Come altri amici in giro per la Rete, sono rimasto colpito dalle parole del Prof. Enzo Boschi, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che, stando a quanto riferisce il corriere, starebbe meditando di di smettere di rendere pubblici i dati sui terremoti per evitare che siano travisati.

Se si esula dal caso specifico, le dichiarazioni del Prof. Boschi potrebbero costituire l'utile innesco di una discussione sulla trasparenza in Rete e i suoi inconvenienti.

Non sarà sfuggito ai più attenti osservatori delle cose della Rete come analogo dibattito si sia sviluppato nei mesi scorsi negli Stati Uniti, grazie ad un articolo di Lawrence Lessig dal titolo eleoquente "Against transparency. The perils of openness in government".

Lessig, che non può certo essere considerato un reazionario o un nemico della rete, in quell'articolo argomenta circa gli effetti collaterali di un certo modo di intendere la trasparenza nella vita pubblica (e in questo caso, forse, potremmo dire nei dati pubblici): "Likewise with transparency. There is no questioning the good that transparency creates in a wide range of contexts, government especially. But we should also recognize that the collateral consequence of that good need not itself be good. And if that collateral bad is busy certifying to the American public what it thinks it already knows, we should think carefully about how to avoid it. Sunlight may well be a great disinfectant. But as anyone who has ever waded through a swamp knows, it has other effects as well".

Insomma discutiamone senza preconcetti. E' davvero una buona cosa, in nome della trasparenza, mettere in mano ad un paziente ipocondriaco tutta la lista dei medicinali disponibili sul mercato?

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Rock the friday!

Rock The Friday! Venerdì 17 settembre, Spazio Zero Village, viale di Tor di Quinto 57b, Roma

L'evento è organizzato da una mia ex allieva e, ovviamente, non potevo mancare di riprenderlo qui sul blog. Come se non bastasse c'è anche una finalità benefica, quindi, se siete di Roma ed amate il rock non potete mancare.

Di seguito la descrizione dell'evento:

"
Per tutti i fantastici fan, sostenitori e amici di Raiden, Autoblastingdog e Southern Drinkstruction... Per tutti coloro che vorranno passare un venerdì 17 in compagnia di bella gente, tanta birra e ottima musica... Per tutti coloro che hanno un gran cuore e vogliono fare un piccolo gesto di solidarietà nei confronti dell'Associazione Gruppo Idee (www.gruppoidee.eu)"

Acta: nuovo testo online

Dal blog di Micheal Geist apprendo della pubblicazione in rete di una nuova versione dell'ACTA, il "segretissimo" (da qualche tempo mica tanto) Anti-Counterfeiting Trade Agreement, il cui contenuto agita i sonni degli attivisti per le libertà digitali.

Il nuovo testo lo potete scaricare qui: 29 pagine tutte da leggere per capire come cambierà la proprietà intellettuale in Rete e cosa si può fare da subito per evitare che il cambiamento sia a vantaggio di pochi e a danno di molti.

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sabato, settembre 04, 2010

La PEC nei concorsi: nuova circolare di Brunetta

L'aveva promessa ed è arrivata.

Dopo il quasi scontro istituzionale di qualche giorno fa tra Ministero dell'Istruzione e quello della Funzione Pubblica sull'uso della PEC nei concori pubblici, Il Ministro Brunetta e i suoi collaboratori ricordano con la circolare dpf n. 12/2010 a tutte le pubbliche amministrazioni che gli strumenti per semplificare le procedure di partecipazione ai concorsi ci sono, che la trasmissione di domande in via telematica è previsto sin dal D.P.R. 445/2000, che la PEC è l'equivalente di una raccomandata cartacea e che rappresenta anche qualche cosa di più, essendo un potenziale strumento di sottoscrizione delle istanze.

Su quest'ultimo punto, tuttavia, il Ministro e i suoi collaboratori si perdono nel marasma normativo: se a pagina 4, infatti si legge "Si ricorda che il D.P.C.M. 6 maggio 2009, articolo 4, comma 4, prevede che le pubbliche amministrazioni accettano le istanze dei cittadini inviate tramite PEC nel rispetto dell'articolo 65, comma 1, del decreto legislativo n. 82 del 2005. L'invio tramite PEC costituisce sottoscrizione elettronica ai sensi dell'articolo 21, comma 1, dello stesso decreto legislativo", a pagina 6 "sottoscrizione della domanda" invece si dice: "la domanda di partecipazione richiede la sottoscrizione da parte dell'istante quale elemento di certezza giuridica... l'articolo 65 del d.lgs 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'Amministrazione Digitale) la validità Le istanze e le dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica, stabilendo che esse sono valide.... c-bis) quando l'autore e' identificato dal sistema informatico attraverso le credenziali di accesso relative all'utenza personale di posta elettronica certificata di cui all'articolo 16-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2."

Apparentemente si dice la stessa cosà ma in realtà si stanno dicendo due cose diverse. Nel primo caso si sostiene che l'istanza sia firmata purché inviata con la PEC (qualunque essa sia, qualunque ne sia il gestore), nel secondo caso si fa riferimento alla c.d. Pec di stato, la famigerata CEC-PAC.

Alla luce della circolare di Brunetta le Amministrazioni cosa devono fare nel caso in cui ricevano una domanda via PEC semplice, non sottoscritta con firma digitale? Dovranno considerarla come sottoscritta (e, dunque, valida) oppure no?

Nell'incertezza, sarà il bando di concorso, in quanto lex specialis, a dover chiarire questo aspetto, perchè a noi, sia chiaro, le cose semplici non piacciono.

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Google/Youtube dovrà pagare per i video caricati dagli utenti

Un tribunale di Amburgo ha deciso che YouTube deve compensare la cantante Sarah Brightman per i video caricati dagli utenti della piattaforma.

La difesa spiegata da YouTube di essere un semplice hosting provider e, dunque, di non essere responsabile del materiale caricato dagli utenti non è stata considerata meritevole di accoglimento da parte della Corte.

Del resto che YouTube si sia progressivamente allontanato dal modello del "mero fornitore di spazio web" al quale la direttiva sul commercio elettronico garantisce un sostanziale regime di irresponsabilità rispetto al materiale caricato da terzi è evidenziato dalle scelte commerciali compiute a più riprese negli ultimi tempi: film a noleggio, accordi con le major e le collecting societies per la gestione dei diritti, integrazione con la televisione tradizionale.

I legali di YouTube annunciano di voler appellare la sentenza, ma la sensazione è che non si possa continuare ad invocare la disciplina sul commercio elettronico quando fa comodo e poi comportarsi come un vero e proprio broadcaster.

Sul punto mi pare che la direttiva comunitaria sugli avms (recepita nel nostro ordinamento con il c.d. Decreto Romani) chiarisca a sufficienza la nuova natura giuridica di servizi come quelli offerti da YouTube.

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giovedì, settembre 02, 2010

Norme da importare

Via techdirt apprendo di una vicenda statunitense che dimostra come una buona norma possa evitare tante discussioni e fantasiosi pronunciamenti dei giudici sulla responsabilità dei titolari di siti internet per i commenti diffamatori pubblicati sugli stessi.

La buona norma in questione è quella contenuta nella section 230 del Communications Decency Act che così recita: "No provider or user of an interactive computer service shall be treated as the publisher or speaker of any information provided by another information content provider".

La vicenda è quella di un ex presentatore, Toni Miles, coinvolto in una vicenda giudiziaria di droga poi rivelatasi infondata che, sentendosi diffamato dai commenti apparsi a corredo di un articolo pubblicato su wlox decide di citare in giudizio proprio wlox per aver permesso "unfiltered online comments which contained false information".

Questo quanto sentenziato dal giudice che ha respinto la richiesta:

"In the present case, Miles alleges that the defendants “ran a news article and subsequently allowed unfiltered online comments which contained false information.” (Compl. at 5). Miles does not allege that the defendants wrote or revised the false comments. In fact, she alleges that the comments were not filtered by the defendants. Furthermore, she complains that the defendants merely allowed the comments, and there is no indication or allegation that the defendants encouraged defamatory comments on their website. As a result, the Court finds that the defendants are immune from liability for the allegedly defamatory third-party comments published on its website pursuant to the Communications Decency Act."

Si potrebbe obiettare che analoga immunità è assicurata dalla direttiva sul commercio elettronico e dal d.lgs 70/2003, ma a me sembre che questa disposizione del Communications Decency Act abbia una portata più ampia sotto il profilo soggettivo e abbia il pregio della chiarezza e della semplicità.

La importiamo?

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mercoledì, settembre 01, 2010

Dal Comune di Trento un ordine del giorno sul software libero (e non solo)

Il 21 luglio u.s. il Consiglio comunale di Trento, pressocchè all'unanimità (32 favorevoli, 0 contrari, 5 astenuti), ha approvato un ordine del giorno con cui impegna il Sindaco e la Giunta non solo ad un più ampio utilizzo del software libero e dei formati aperti ma anche "a pubblicare, preferibilmente e ove possibile, il proprio materiale cartaceo ed informativo prodotto, incluso il sito internet comunale, o altri tipi di opere creative, indicando una delle sei Licenze Pubbliche Creative Commons e riportandone sul materiale prodotto il riferimento e l'utilizzo dello stesso secondo quanto previsto dalle licenze".

Qui potete leggere il verbale della deliberazione


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Net neutrality: è tempo di accordi

Dopo la proposta Google/Verizon (qui il testo tradotto in italiano) che ha suscitato un ampio dibattito in rete, pare ci sia all'orizzonte una nuova proposta sul tema della neutralità della rete, questa volta di provenienza Information Technology Industry Council ("The Information Technology Industry Council (ITI) is the premier voice, advocate, and thought leader for the information and communications technology (ICT) industry. ITI is widely recognized as the tech sector's most effective advocacy organization in Washington D.C., and in various foreign capitals around the world. ITI's members are global leaders in innovation--from all areas of the ICT sector including hardware, services, and software--the products our members create are the face of global economic growth and the heart and soul of improving peoples' lives").

Stando a quanto riferisce The Hill, le società (tra cui Microsoft, Skype, Verizon, AT&T, NCTA e altre) coinvolte all'interno dell'organizzazione sul tema della Net Neutrality avrebbero raggiunto un accordo di massima su alcuni dei temi più controversi quali i poteri di regolamentazione e di intervento da riconoscere alla FCC, le reti wireless, le politiche di gestione dei servizi.

Il testo non è ancora disponibile, tuttavia, sul sito dell'ITI, nella sezione latest news, è possibile leggere questa dichiarazione di Dean Garfield, presidente e CEO dell'ITI: "

“As we work to reach final consensus, we’re focused on solidifying what unites us, incorporating new ideas and viewpoints, and, above all, delivering a series of constructive, pro-consumer and innovation-based principles that will only strengthen the Internet as we know it today. Past precedent shows that when we work together and integrate the best ideas in a coordinated fashion, the stronger the outcome. When this multi-phase process is complete, we believe there will be ample common ground on which to find a meaningful and consensus-based solution. At the end of the day, any recommendations will ultimately be judged by Congress, the FCC and the millions of people who rely on the Internet as an essential part of their lives. Stated simply, this is more than enough incentive to ensure we get it right.

C'è da fidarsi?

Techdirt mostra un sano scettiscimo citando Adam Smith: "people of the same trade seldom meet together except to create a conspiracy against the public, or in some contrivance to raise prices"


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