lunedì, gennaio 03, 2011

Il regolamento AGCOM sui servizi media audiovisivi on demand

E' da qualche giorno disponibile online il testo della deliberazione AGCOM n. 607/2010 in materia di servizi media audiovisivi a richiesta ai sensi dell'articolo 22-bis T.U. dei servizi media audiovisivi e radiofonici come modificato dal c.d. Decreto Romani.

Una doverosa premessa: il regolamento è estremamente complicato (ai limiti della contraddittorietà) nella sua parte definitoria. E', dunque, facile immaginare che solo l'intervento giurisprudenziale nei prossimi anni sarà in grado di chiarire alcuni dubbi che lo stesso finisce inevitabilmente per generare.

Ciò detto, la polemica (solita) è quella che si è ingenerata attorno all'applicabilità o meno delle sue prescrizioni a YouTube e che, grazie a Repubblica (la quale, evidentemente, possiede certezze che a noi comuni umani laureati in legge sfuggono), è arrivata persino sulle pagine di Slashdot (l'immagine del nostro paese ne aveva bisogno... verrebbe quasi da dar ragione a Berlusconi, pensa te!).

Come spesso capita di recente, le cose più sensate mi pare le abbia scritte un non giurista (a cui, evidentemente, piace ancora prima leggere e poi scrivere), Stefano Quintarelli.

Partirei da qui:

Articolo 4
Fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta autorizzati all’estero
1. I fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, legittimamente stabiliti in uno Stato appartenente all’Unione europea o in uno Stato parte della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla televisione transfrontaliera e in questo legittimamente esercenti, non sono tenuti a presentare una segnalazione certificata di inizio attività ai sensi del presente regolamento.

Nel capo II del regolamento ci sono una serie di disposizioni che impongono vari obblighi e che hanno tutte lo stesso incipit: "I soggetti titolari dell’autorizzazione di cui all’articolo 3".

Dunque, se non sei titolare di autorizzazione quelle disposizioni (e relativi adempimenti) non dovrebbero trovare applicazione nei tuoi confronti. E chi è che può legittimamente operare senza la predetta autorizzazione (rectius: segnalazione certificata di inizio attività)? I soggetti autorizzati all'estero.

Se la mia interpretazione è corretta, YouTube che ha sede in Irlanda (quanto meno nel senso della normativa cui ci si riferisce) dovrebbe in ogni caso essere esclusa dall'applicazione del regolamento in commento e ciò a prescindere da ogni altra valutazione.

E' vero che uno dei commissari Agcom, Stefano Mannoni, sembra pensarla in modo differente, ma per fortuna siamo in un paese libero ed ognuno può esprimere le proprie opinioni. Sarebbe interessante conoscere l'opinione dei suoi colleghi: non è detto siano dello stesso avviso.

Infine, una considerazione di carattere generale: Google è la nuova religione del web. Non se ne può parlare male ed è lo spartiacque tra una normativa buona ed una cattiva.

Non si starà esagerando? E lo dice uno che utilizza in modo entusiastico tutti i servizi messi a disposizione da Google e di cui è cliente (CLIENTE) soddisfatto da anni. Perchè Google vende prodotti che noi acquistiamo (pagando in dati personali).

Sta sul mercato, difende i propri interessi.

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3 Commenti:

Alle 2:19 PM , Anonymous G.C. ha detto...

Ciao Marco, devo dirti che condivido solo parzialmente la tua interpretazione.
Posso convenire con te che l'art.4 del regolamento AgCom non si applichi agli operatori che hanno già ottenuto l'autorizzazione all'estero (ove richiesta dallo Stato estero), ma ciò, a mio avviso, non significa che solo per tale ragione gli operatori con sede all'estero siano esentati da tutti gli altri obblighi (rispetto delle norme in materia di pubblicità e protezione dei minori) ed adempimenti (misure tecniche di tutela) che il regolamento prevede per ogni specie di servizio di media audiovisivi.
Ti invito a leggere quanto ho scritto ieri 05 gennaio 2011 alle ore 22:51 su quel blog che pure tu leggi a commento di un guest post del Prof. Pollicino. Ti invito inoltre a rileggere il n.3 dell'art.3 del regolamento AgCom che di seguito riporto:
(inizio virgolette)
3. La segnalazione certificata di cui al comma 1 può essere presentata da società di
capitali o di persone, società cooperative, fondazioni, associazioni riconosciute e
non riconosciute e da persone fisiche che abbiano la propria sede legale o residenza
in Italia, ovvero in uno Stato dello Spazio economico europeo, ovvero al di fuori
dello Spazio economico europeo a condizione che lo Stato ove il soggetto
richiedente ha la propria sede legale o residenza pratichi un trattamento di
reciprocità nei confronti di soggetti italiani. Sono salve in ogni caso le disposizioni
contenute negli accordi internazionali.
(fine virgolette)
Quindi è espressamente previsto che anche soggetti che abbiano la propria sede all'estero possano presentare la segnalazione certificata di cui al comma 1 e dunque munirsi di autorizzazione. Se ne deduce che tutte le altre disposizioni che impongono gli ulteriori obblighi regolamentari e che hanno tutte lo stesso incipit: "I soggetti titolari dell’autorizzazione di cui all’articolo 3" (che parla genericamente di "autorizzazione" senza aggiungere alcun aggettivo che possa specificare la provenienza dall'organo amministrativo italiano) sono applicabili anche agli operatori con sede all'estero che però svolgono attività con effetti sul territorio della Repubblica italiana (ed in definitiva sul mercato italiano e nei riguardi dell'utenza italiana).
G.C.

 
Alle 5:34 PM , Blogger Marco Scialdone ha detto...

Ciao Giuseppe,

la mia idea è che cmq un regolamento di un'autorità amministrativa non possa estendere l'ambito spaziale di applicazione della normativa di rango primario.

Il Decreto Romani (http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/10044dl.htm) indivua chiaramente i soggetti che rientrano nel suo ambito di applicazione e, a mio avviso, una realtà come YouTube non ci rientra.

La parte che tu citi del regolamento è da leggere, sempre IMHO, in combinato disposto con l'articolo 1-bis, comma 3, lett. b) del d.lgs 177/2005 (come modificato dal c.d. Decreto Romani) che individua l'ipotesi in cui un soggetto con sede all'estero sia considerato soggetto alla normativa italiana.

 
Alle 6:43 PM , Anonymous G.C. ha detto...

Il regolamento AgCom non estende l'ambito spaziale, si limita ad esplicitare in maniera più particolareggiata quanto già stabilito nella direttiva 2010/13/EU. Il Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 44 è stato emanato in attuazione della vecchia direttiva 2007/65/CE per cui non credo sia determinante il dato testuale dell'articolo 1-bis, comma 3, lett. b) introdotto nel Decreto Legislativo 31 luglio 2005 n.177 (che, di per sè, si presta peraltro ad ampie interpretazioni), anzi credo che il n.3 dell'art.3 del regolamento AgCom (che ho citato sopra) ne costituisca interpretazione autentica di grado secondario alla luce delle disposizioni della nuova direttiva 2010/13/EU. Resto quindi della mia idea. Comunque c'è da dire che queste speculazioni giuridiche sono davvero sottigliezze rispetto alle polemiche che stanno riguardando la "media law" ungherese. Leggi qui: http://www.euractiv.com/en/future-eu/barroso-media-freedom-our-sacred-principle-news-501012
G.C.

 

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