venerdì, marzo 30, 2012

Un'AGCOM troppo potente sarebbe pericolosa per la libertà della Rete

La tormentata storia tra l’Agcom e il diritto d’autore online sembra non conoscere tregua.

L’ultimo colpo di scena è arrivato ieri, quando, sul sito de La Stampa, è comparso il testo di una norma di matrice governativa che consegnerebbe all’Autorità pieni poteri di intervento.

Ma facciamo un passo indietro. Da circa un anno a questa parte l’Autorità ha intrapreso un percorso finalizzato all’adozione di un regolamento con il quale disciplinare i propri poteri in materia di diritto d’autore nelle reti di comunicazione elettronica.

(continua su Libertiamo)

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giovedì, marzo 29, 2012

Esistono 32 senatori interessati alla libertà della Rete?

Grazie a La Stampa e ad Anna Masera siamo riusciti a leggere il testo della disposizione di legge che il Governo strarebbe preparando (non si sa se per collocarla all'interno di un decreto-legge o in altro provvedimento) e che consentirebbe ad Agcom di diventare il padrone assoluto e giudice unico di tutto quanto accade online.

Ben oltre, quindi, la semplice (e a questo punto residuale) tematica del diritto d'autore, da cui, pure, l'intera vicenda aveva preso le mosse.

Ho già espresso per Agorà Digitale le mie perplessità sul testo circolato in queste ore. Lo farò più diffusamente domani su Libertiamo.it nella rubrica "cronache di webia".

Nel frattempo i Senatori Vimercati, Poretti, Perduca e Vita hanno presentato una interpellanza parlamentare per chiedere al Governo di conoscere in modo ufficiale i contenuti di detta norma.

Il regolamento del senato (articolo 156 bis) prevede che: "Per le interpellanze sottoscritte da almeno un decimo dei componenti del Senato si adottano le procedure e i termini di cui al presente articolo. Ciascun Senatore può sottoscrivere in un anno non più di sei interpellanze con procedimento abbreviato. Le interpellanze di cui al presente articolo sono poste all'ordine del giorno entro quindici giorni dalla presentazione, eventualmente ricorrendo a sedute supplementari".

Abbiamo, ora più che mai, l'esigenza di sapere se ci sono 32 senatori interessati alla libertà della Rete e, dunque, disposti a sottoscrivere l'interpellenza per renderla urgente.

Cari Senatori, da che parte state?

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domenica, marzo 25, 2012

In risposta ad Anica: un altro straordinario anno per la musica digitale

Chi, ormai da qualche anno, legge con interesse il Digital Music Report della IFPI non resterà sorpreso nell'apprendere che anche il 2011 è stato un anno estremamente positivo per la musica digitale.

Nonostante il pianto greco (che, ovviamente, non manca anche all'interno del rapporto) sulla pirateria cui abbiamo tristemente assistito anche in questi giorni (v. il discorso del Presidente di AGCOM, Corrado Calabrò, nell'audizione tenutasi in Senato sul discusso regolamento dell'Autorità in materia di diritto d'autore), i dati dicono altro.

Per citare Placido Domingo, chairman di IFPI, "Thanks to the amazing technology of the internet, the audience for recorded music is fast-expanding across the world. Artists who might not otherwise find a way to make their music available can take advantage of the new ways to distribute music the internet offers" (n.d.a. quando le dicevamo noi queste cose, qualche anno fa, ci dicevano che eravamo dei criminali).

O, ancora, per citare Frances Moore, chief executive di IFPI, "Consumer choice has been revolutionised, as new models for consuming and accessing music are rolled out in new and existing markets. The number of paying subscribers to services such as Spotify and Deezer has leapt in the last twelve months, from an estimated eight to more than 13 million. At the same time, cloudbased services, such as iTunes Match, have become a reality in the marketplace, helping drive the popularity of music downloading".

Il Digital Music Report 2012 registra un tasso di crescita degli introiti nel 2011 dell'8%, il più alto dal 2004 (senza contare la crisi economica mondiale).

Nel 2010, la crescita era stata del 5%, sempre su scala mondiale.

Complessivamente, al momento, il mercato digitale rappresenta il 32% degli introiti dell'industria discografica con picchi del 52% negli USA, del 53 nella Corea del Sud e, addirittura del 71% in Cina (la patria della contraffazione).

Il numero di download legali nel 2011, sempre secondo il rapporto IFPI, è stato di 3.6 billion, con un incremento del 17%.

Leggendo questi numeri mi è tornato alla mente il comunicato di ANICA di qualche giorno fa, quello che, nell'esprimere il proprio disappunto per l'audizione di Calabrò al Senato, affermava testualmente: "La pirateria potrà così continuare indisturbata a distruggere l'industria cinematografica, come ha già fatto con l'industria musicale indipendente".


Guardando i numeri, l'augurio che sento di rivolgere ad Anica è che la pirateria riesca a distruggere l'industria cinematografica come ha fatto con l'industria musicale.

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giovedì, marzo 22, 2012

Consiglio di Stato: la pubblicazione sul sito ha effetto di pubblicità legale

Come si ricorderà l'articolo 32, L. 69/2009 aveva stabilito che "A far data dal 1° gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati".

La disposizione di cui sopra ha trovato puntuale applicazione in una recente sentenza del Consiglio di Stato (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 20 marzo 2012 n. 1580) nella quale è stato affermato che il termine di impugnativa di un decreto di nomina (nel caso di cui si discute si trattava del decreto di nomina dei componenti di una Giunta comunale) decorre dall'avvenuta pubblicazione del decreto stesso sul sito informatico dell'Ente. Ciò in forza del richiamato articolo 32, L. 69/2009 che, come detto, consente di attribuire a tale modalità gli effetti propri della pubblicità legale.

L'amministrazione digitale passa anche da questi cambiamenti.

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mercoledì, marzo 21, 2012

Agcom: audizione di Calabrò al Senato. Quattro domande che avrei voluto fare

In questi minuti è in corso in Senato l'audizione del Presidente Calabrò per gli ultimi aggiornamenti sul regolamento dell'autorità in materia di diritto d'autore, la cui adozione è ormai prossima.

Fossi stato presente, avrei voluto rivolgere a Calabrò quattro domande. Magari qualcuno di Agcom trova tempo e voglia di rispondere online.

  1. A seguito delle osservazioni avanzate dalla Commissione Europea, l'Agcom intende ancora adottare il regolamento in materia di diritto d'autore? In caso di risposta affermativa, intende limitarne l'ambito soggettivo ai soli fornitori di servizi di media audiovisivi?
  2. In considerazione degli articoli apparsi sulla stampa, può confermare che il regolamento, qualora adottato, non conterrà misure che permettano all'autorità di ordinare ai provider di inibire l'accesso ai siti collocati all'estero e sospettati di violare il diritto d'autore?
  3. In considerazione del rilievo mosso dalla Commissione Europea, intende l'Autorità, in caso di adozione del regolamento, introdurre termini per la presentazione di scritti difensivi che consentano di esercitare in modo effettivo il diritto al contradditorio?
  4. L'Autorità dispone di uno studio indipendente sui c.d. Danni da pirateria? Perchè l'Autorità nelle comunicazioni ufficiali continua a citare unicamente i dati che le sono stati forniti dai titolari dei diritti e non fa menzione alcuna degli autorevoli studi che sono stati depositati dalle associazioni dei consumatori nel corso delle audizioni e che smentiscono alla radice quei dati?

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giovedì, marzo 15, 2012

Agenda Italia digitale: ieri su YouDem.tv

Ieri sono intervenuto ad Agenda Italia, una trasmissione di YouDem.tv. Il tema era quello dell'innovazione e delle politiche a sostegno del digitale, prendendo spunto dalla visita di Bersani presso la sede italiana di Google.

Di seguito trovate la registrazione della puntata.


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mercoledì, marzo 14, 2012

Il parere del Prof. Onida sul regolamento AGCOM: niente di nuovo sotto il sole

Ieri Repubblica aveva pubblicato un articolo in cui si faceva riferimento ad un parere commissionato da AGCOM al prof. avv. Valerio Onida che, in buona sostanza, confermava la competenza dell'autorità all'oscuramento dei siti esteri.

Oggi, sempre Repubblica pubblica il testo del parere

Una cosa va chiarita: quel parere non è stato commissionato da AGCOM. E' stato depositato, unitamente ad altri documenti, nel corso delle audizioni che si sono svolte a seguito dell'adozione della delibera del luglio 2011 che approvava lo schema di regolamento sul diritto d'autore, ponendolo in consultazione.

Del resto una semplice analisi della date avrebbe svelato l'arcano: il parere è, infatti, datato "ottobre 2011". Secondo voi, avrebbe mai potuto l'AGCOM chiedere un parere DOPO l'adozione dello schema di regolamento a cui quel parere si riferisce?

Nel merito, si tratta di una lettura profondamente interessante, perchè si può condividere o no le conclusioni cui giunge, ma una cosa la dice in modo chiaro: non esiste una norma che espressamente attribuisca ad AGCOM il potere di oscurare i siti collocati all'estero (pag. 27 del parere: "L'obiezione che si potrebbe muovere a siffatto modo di ragionare e che nella specie manchi, a differenza delle ipotesi sopra richiamate, una specifica disposizione di rango legislativo che esplicitamente preveda il poter di emanare siffatti ordini di "oscuramento" di siti". )

Poi il prof. Onida ritiene che quel potere AGCOM lo abbia, comunque, sulla base del combinato disposto di altre disposizioni (i c.d. tre pilastri citati dal Presidente Calabrò).

Insomma, non era un visionario chi, da sempre, ha definito precaria una generalizzata competenza dell'Autorità in materia di diritto d'autore.

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domenica, marzo 11, 2012

#liberalizziamoilfuturo? Magari un'altra volta

L'8 febbraio u.s., Agorà Digitale e numerose altre associazioni avevano convocato una conferenza stampa al Senato della Repubblica per presentare l'iniziativa #liberalizziamoilfuturo: un pacchetto di emendamenti al decreto "liberalizzazioni" per realizzare subito un'agenda digitale in grado di rendere Internet volano di sviluppo, innovazione, apertura al mercato.

Numerosi i parlamentari intervenuti e un consenso sostanzialmente bipartisan sulle proposte avanzate (Senatore VINCENZO VITA (Pd): “Ho condiviso molto di quello che ho sentito. Condivido tutti i punti e insieme ai colleghi cercherò di essere utile alla causa"; Senatore LUCIO MALAN (Pdl): “Si tratta di un pacchetto importante, ci sono alcuni punti per cui è palese che sono d’accordo. Faccio esempi: l’abolizione del monopolio SIAE, cosa da lungo tempo desiderata"; Senatore FELICE BELISARIO (IdV): "Altri lo hanno detto, io lo ribadisco: conoscere per deliberare per poi andare al voto in modo consapevole. Per cui non mi meraviglio che sulla rete ci sono tutta una serie di paletti che la rendono meno libera e quindi, se mi permettete, meno pericolosa per favorire quel consenso consapevole di cui parlavo prima. Noi dobbiamo lavorare per riuscire a superare questi paletti. Per quanto mi riguarda, molti di questi provvedimenti saranno fatti propri dal mio gruppo, altri saranno presentati direttamente da me”.

Come è andata a finire?

Neppure uno di quegli emendamenti è stato sostenuto con convinzione dalle forze politiche presenti in Parlamento.

A parte l'interessamento di facciata e il gesto di stile del deposito di questo e quell'altro emendamento, a conti fatti si torna a casa con le mani vuote e con la consapevolezza (ritrovata?) che alla politica, a questa politica, dell'innovazione non importa propria nulla.

C'è chi addirittura si è superato: Vincenzo Vita, ad esempio, dopo aver dichiarato in tutte le occasioni la sua contrarietà al monopolio SIAE (uno degli emendamenti proposti andava in quella direzione), ha presentato emendamenti non solo per mantenerlo vivo e vegeto, ma addirittura per salvare dalla liberalizzazone il monopolio IMAIE.

Il tutto con la seguente motivazione tragicomica (vi giuro che non ho cambiato una parola): "Acta non deve passare. Il governo italiano non recepisca un accordo contro la pirateria informatica, che in verità rischia di diventare un colossale bavaglio sul web. Ci sarà battaglia anche nel Parlamento europeo già nei prossimi giorni. E ieri si è svolta una straordinaria mobilitazione in tutta europa, cui va la nostra adesione. Proprio per evitare pasticci o ambiguità abbiamo proposto di espungere dal decreto sulle liberalizzazioni i commi dell'articolo 39 che riguardano la Siae e la nuova Imaie, vale a dire i diritti d'autore e i diritti connessi".

ACTA?!?! E che c'azzecca?!?

Ma siccome al peggio non c'è mai fine, qualche giorno dopo (anche a seguito di alcune mie richieste di chiarimenti via twitter), arriva questa precisazione "Se si voterà l'emendamento sulla liberalizzazione della SIAE, io lo voterò" (per non infierire non commento il titolo del post "superare il copyright" che con il monopolio SIAE ha la stessa attinenza del colore del cappotto di Monti con la riduzione dello spread)
Tutto chiaro no? Sono contrario, ma anche a favore (Veltroni docet).


Se questo è il quadro, non c'è da meravigliarsi se la classe politica non abbia più alcuna credibilità.


Personalmente sono stanco di essere preso in giro: spero di non essere il solo.

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martedì, marzo 06, 2012

Il calendario di calcio, le banche dati e il diritto d'autore: la sentenza della Corte di Giustiiza UE

Ad inizio gennaio avevo dato notizia delle conclusioni dell'Avvocato Generale presentate il 15 dicembre u.s. nella causa C‑604/10 dinanzi la Corte di Giustizia UE ("Devo peraltro osservare che, nel presente caso, l’idea stessa di utilizzare la protezione del diritto d’autore per tutelare i calendari calcistici appare quantomeno singolare... (omissis) ... Il ricorso al diritto d’autore appare qui una soluzione di ripiego, conseguente all’esclusione della protezione «sui generis» da parte della Corte. Peraltro, non è neppure certo che l’eventuale esistenza di una protezione basata sul diritto d’autore per i calendari calcistici impedirebbe l’attività attualmente svolta da Yahoo e a., che a quanto è dato capire dal fascicolo di causa sembra limitarsi all’uso dei dati grezzi (date, orari e squadre dei vari incontri), non della struttura della banca dati").

Ora è arrivata la sentenza della Corte di Giustizia che quelle conclusioni fa proprie.

In particolare la Corte sottolinea che "il fatto che la costituzione della banca di dati abbia richiesto, oltre alla creazione dei dati in essa contenuti, un dispiego di attività e know-how significativi da parte del suo autore non può, di per sé, giustificare la sua tutela in base al diritto d’autore prevista dalla direttiva 96/9, qualora tale attività e tale know-how non esprimano alcuna originalità nella scelta o nella disposizione dei dati di cui trattasi"

Ovviamente, sottolinea la Corte, spetterà al giudice del rinvio valutare, alla luce degli elementi suesposti, "se i calendari degli incontri di calcio oggetto della causa principale costituiscano banche di dati che soddisfino i requisiti necessari per poter godere della tutela conferita dal diritto d’autore, fissati all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/9.

"A tal riguardo", aggiunge la Corte, "le modalità con cui vengono elaborati tali calendari, quali descritte dal giudice del rinvio, se non sono associate ad elementi che rappresentino originalità nella scelta o nella disposizione dei dati racchiusi in tali calendari, non sono sufficienti affinché la banca di dati in questione possa essere protetta attraverso il diritto d’autore previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/9".

Secondo la Corte di Giustizia:

  • l’impegno intellettuale e il know-how destinati alla creazione di detti dati non sono rilevanti per stabilire se la relativa banca di dati possa godere della tutela conferita da tale diritto;
  • a tal fine, è indifferente che la scelta o la disposizione di tali dati includa, o meno, l’attribuzione agli stessi di una significativa rilevanza,
  • il dispiego di attività e know-how significativi necessario ai fini della costituzione di tale banca di dati non può, di per sé, giustificare una siffatta tutela se non esprime alcuna originalità nella scelta o nella disposizione dei dati ivi contenuti.

Avremo modo di riparlarne.

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domenica, marzo 04, 2012

Il TAR Lazio promuove il Decreto Bondi sull'equo compenso





Due anni fa, commentando su questo blog la sentenza della Corte di Giustizia UE c 467-08, sull'equo compenso per copia privata, avevo scritto: "Ripeto, a mio avviso la sentenza non sposterà molto rispetto alla normativa italiana che è sufficientemente coerente con il quadro comunitario, ma è comunque una pronuncia interessante perchè ricorda, se mai ce ne fosse bisogno, che l'equo compenso non è e non deve diventare una tassa contro la pirateria, ma solo una compensazione per una contrazione dell'area di esclusività del diritto di riproduzione".

Leggendo la sentenza 2159/2012 del Tar Lazio del 2 marzo u.s. (per la verità si tratta di una serie di sentenze, tutte uguali) ne ho trovato conferma.

Per quanto non possa piacere (e a me non piace affatto), il c.d. Decreto Bondi, sottoscritto in data 30 dicembre 2009, con il quale il Ministro p.t. per i Beni e le Attività Culturali aveva stabilito la "determinazione del compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi", era ed è rispettoso della vigente normativa nazionale e comunitaria.

Mi riservo di scriverne più approfonditamente per gli amici di Medialaws e DIMT nei prossimi giorni/settimane.

C'è, tuttavia, un aspetto che mi pare significativo sottolineare da subito.

L'equo compenso, dice il TAR, è in sostanza una tassa: "Così ricostruito il quadro della giurisprudenza costituzionale, dunque, non può che giungersi alla conclusione che il pagamento dell’equo compenso per copia privata, pur avendo una chiara funzione sinallagmatica e indennitaria dell’utilizzo (quanto meno potenziale) di opere tutelate dal diritto di autore, deve farsi rientrare nel novero delle prestazioni imposte, giacché la determinazione sia dell’an che del quantum è effettuata in via autoritativa e non vi è alcuna possibilità per i soggetti obbligati di sottrarsi al pagamento di tale prestazione fruendo di altre alternative. In questo senso, dunque, il profilo della imposizione è – per usare le parole della Corte – “prevalente”.

Lo sottolineo perchè dal testo della sentenza (se avrete la pazienza di leggerla) emerge una ricostruzione dell'equo compenso la cui funzione precipua (indennizzare i titolari dei diritti per una restrizione dell'area di esclusività del diritto di riproduzione) si affievolisce di molto, per divenire una forma di socializzazione dei danni da pirateria (si legge nella sentenza: "Come ha rilevato la SIAE nelle note di replica depositate per l’udienza, e sottolineato anche l’Anica nella sua memoria, le rapidissime innovazioni tecnologiche degli ultimi anni (c.d. rivoluzione digitale) hanno profondamente mutato il modo di fruizione della musica, video ecc., rendendo possibile la riproduzione gratuita ad uso privato delle opere dell’ingegno (in particolare, quelle musicali, cinematografiche ed audiovisive), determinando una notevolissima diminuzione dei proventi spettanti ai titolari delle opere dell’ingegno (nell’anno 2011, ad esempio, si è registrata una flessione del 50% nella vendita dei supporti fonografici, cfr. grafico prodotto in giudizio dalla SIAE pag. 3 note di replica depositate per l’udienza). La crisi del settore ha indotto il Legislatore sia comunitario che nazionale – in sede di recepimento della direttiva – ad adottare le misure necessarie per poter garantire la remunerazione dei titolari delle opere dell’ingegno, imponendo il pagamento di un “equo compenso” per copia privata").

Pur non incidendo sulla legittimità della decisione finale, ritengo che si tratti di una ricostruzione dell'istituto in grado di destare forti perplessità e su cui sarà interessante tornare a discutere.

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